lunedì 12 aprile 2010



Il Piano Morgenthau del B'Nai Brith:

Un Piano ebraico americano per lo sterminio di massa dei Tedeschi.


Ideato nel settembre del 1944, il Piano Morgenthau, che è la vera ragion d'essere del successivo Processo di Norimberga, è un tipico progetto di vendetta ebraica:un Purim messa in atto dall'Ebraismo internazionale, attraverso Henry Morgenthau jr., Ministro del Tesoro durante la presidenza di Franklin Delano Roosevelt. Morgenthau, era un ebreo, membro eminente dell'organizzazione massonica, esclusivamente ebraica, B'Nai Brith, e il suo "Piano per la Germania", implicito anche nel suo libro "La Germania è affar nostro", aveva lo scopo precipuo di ottenere l'impoverimento della Nazione Germanica e lo sterminio per fame, malattia e deportazione di almeno dieci milioni di cittadini tedeschi del Reich hitleriano.


Secondo Morgenthau la Germania nazista doveva, con lo smantellamento completo dell'industria siderurgica della Rhur e della Saar, venire ridotta a Nazione agricola e pastorale, dopo la prevedibile morte per fame, malattie e deportazione nei gulag staliniani, di migliaia dei suoi cittadini, destinati ai lavori forzati nei territori dell'Unione Sovietica, gestiti dal regime comunista.


Il Piano Morgenthau, del settembre 1944, prevedeva, inoltre, la frammentazione della Germania in staterelli privi di risorse; l'assegnazione di vaste aree del suolo tedesco alla Polonia, all'Unione Sovietica e alla Francia, nonché l'esproprio e la distruzione delle industrie tedesche, incluse quelle chimiche; necessarie alla produzione di fertilizzanti per l'agricoltura.


Per capire la portata dell'azione di Morgenthau, dobbiamo far luce su una delle più importanti organizzazioni ebraiche Internazionale: Il B'NAÏ B'RÏTH. Il "B'naï B'rith" costituisce "la più antica e la più numerosa organizzazione giudaica di mutuo soccorso, organizzata in logge di tipo massonico ed in Capitoli, e presente in 58 nazioni. Il numero totale dei membri è molto superiore ai 500.000".


Si sa che il 13 ottobre 1843 il B'naï B'rith venne fondato al Caffè Sinsheimer, nel quartiere di Wall Street, a New York. Allora venne chiamato "Bundes-Brueder" o "Lega dei fratelli", con un nome tedesco, data la provenienza dei fondatori: ebrei- tedeschi, che parlavano soltanto la lingua germanica e, ovviamente, l'Yiddish.

Il "B'naï B'rith " è pertanto una delle più antiche associazioni ebraiche americane ancora esistenti. Il fondatore, Henry Jones, cercò dei co-fondatori reclutandoli presso la Sinagoga, di cui era uno dei principali responsabili. Il "B'naï B'rith" stesso riconosce che almeno quattro dei suoi fondatori erano massoni. L'Ordine del "B'naï B'rith". per libera scelta dei fondatori, era riservato esclusivamente ai soli ebrei.


I fondatori volevano, difatti, creare un Ordine selecto, un organismo lobbystico ebraico, che sarebbe stato il mezzo per riunire gli ebrei d'America ed "illuminare" così "come un faro il mondo intero". Un mese dopo la creazione dell'Ordine, si decise che la sede sarebbe stata a New York. Il locale scelto per fondare la prima Loggia di New York, non fu una sala della Sinagoga, ma il tempio massonico, situato all'angolo fra Oliver Street e Henry Street; ascelto proprio per evidenziarne e ribadirne l' origine massonica. I fondatori decisero poi di cambiare nome all'associazione, stimando che un Ordine esclusivamente ebraico dovesse avere anch'esso un nome squisitamente ebraico. Conservarono così le iniziali B. B., ma cambiarono il nome dell'Ordine, da "Bundes- Brueder " (Lega dei Fratelli) a "B'naï B'rith" (Figli dell'Alleanza). Il motto dell'Ordine era: "Benevolenza, Amore fraterno ed Armonia".


Si scelse perciò come simbolo dell'Ordine la "menorah", il candeliere a sette bracci, tipicamente ebraico. Henry Jones intuì la necessità di una stretta coesione della comunità ebraica americana, in vista del suo futuro incremento, conseguente ad un sempre crescente afflusso di emigranti europei, e, quindi, creò un'organizzazione che provvedesse alla loro sistemazione, ed al loro sostentamento. Occultò così i principi religiosi del Giudaismo Talmudico, di rapace spoliazione e sfruttamento dei popoli non ebrei, sotto la scorza falsamente filantropica della Massoneria.


Lo scopo implicito nell'organismo di "mutuo soccorso" di Jones, era quello di selezionare, tra gli immigrati ebrei, gli elementi migliori; per costituire, con essi, i "quadri" e le élites necessarie al governo del Kahal ebraico ed alla gestione del Giudaismo americano, che si apprestava, fin da allora, ad infiltrare ed esautorare progressivamente il Governo Americano non ebraico, inserendosi, come un virus opportunistico, in tutti i gangli nevralgici della vita politica, sociale, intellettuale, e culturale della Nazione ospitante.


Dall'America, assoggettata ai capitali ebraici, gli Ebrei avrebbero potuto tessere la loro trama per la conquista e la sottomissione del Mondo Intero. Gli Ebrei. siano essi ultra ortodossi o sionisti, hanno difatti una tenace fissazione ossessiva, relativa alla loro stessa Fede religiosa: essere i soli sacerdoti dell'umanità: un Popolo di sacerdoti. Per ottenere questo risultato, bisognava perciò conservare il carattere razziale e selettivo del Giudaismo, evitando, allo stesso tempo, ogni implicazione teologica dissociante.


La Sinagoga, che in America era profondamente divisa, non poteva compiere quest'opera di penetrazione: le Logge dovevano quindi interporsi, nelle dispute, ed unificare ciò che i contrasti interne avevano diviso. Il "B'naï B'rith" avrebbe dovuto essere il grande educatore e programmatore condizionante degli ebrei americani; il veicolo pre-sionista per innalzarli al rango che loro compete, secondo il Patto d'elezione con Jahvé, il Dio della vendetta e degli eserciti: essere le guide e i Padroni dell'umanità! L'Ordine aveva quindi una duplice funzione: essere una roccaforte contro la secolarizzazione e la perdita dell'identità ebraica, e, nello stesso tempo, evitare ogni divisione causata da inutili dispute teologiche.


Per favorire questa coesione d’intenti degli ebrei, l'Ordine, rifacendosi ai principi della Massoneria, si poneva al di sopra dei partiti e delle correnti teologiche ebraiche. Esso divenne, così, il centro di tutti gli affari del mondo ebraico americano, ed il punto d'incontro degli ebrei liberali e pre-sionisti e di quelli ortodossi anti sionisti. Grazie alla sua caratteristica pluralista, il "B'naï B'rith" riuscì ad unire ciò che la Sinagoga aveva, fino ad allora, diviso. Inoltre il "B'naï B'rith", per mantenere intatta la propria capacità d'azione filo ebraica, mostrò sempre una capacità proteiforme di cambiamento apparente, e di adattamento alle circostanze contingenti.


Nell'ambito dei suoi compiti di tutela delle minoranze ebraiche, l'Ordine esercitò, tramite il canale della Diplomazia Americana, quasi completamente in mano sua, enormi pressioni in favore degli ebrei "perseguitati" in Russia, in Romania, in Germania, e negli altri luoghi. Nel 1903, per esempio, il presidente Roosevelt, anch'egli ebreo e membro dell'Ordine, preparò, insieme al "B'naï B'rith" una lettera di protesta da inviare allo Zar di Russia, per condannare i più che giustificati pogrom russi. Le richieste contenute nella lettera, trasmessa dal Segretario di Stato americano, non furono, ovviamente, accolte dallo Zar, il quale anzi, vedendo che gli ebrei capeggiavano in misura preponderante le schiere dei rivoluzionari russi, decise di sottomettere gli ebrei, considerati stranieri stranieri, ad un regime speciale di permessi e passaporti, per poterli meglio sorvegliare.


L'America fece nuovamente pressioni diplomatiche sullo Zar, ma Nicola II rifiutò ancora una volta di ricevere le assurde proteste ebree americane. Il Gran Presidente del "B'naï B'rith" di quel tempo, Krans, scrisse che uno dei membri dell'ordine aveva dichiarato in quella 'occasione: "Se lo Zar non vuole dare al nostro popolo la libertà che esso desidera, allora una Rivoluzione installerà una Repubblica in Russia, mediante la quale otterremo i nostri diritti".


E così difatti accadde puntualmente, con l'aiuto dei Rotschild e dei banchieri ebrei di Wall Street, che finanziarono e tutelarono la Rivoluzione Russa, traendone, con il massacro della famiglia Imperiale Russa, che lasciava i suoi depositi nelle loro banche europee, enormi profitti finanziari.

Il B'naï B'rith ha attualmente, in 58 nazioni il mondo, delle Logge maschili, dei Capitoli femminili, e una Organizzazione giovanile molto attiva.



I suoi scopi dichiarati o presunti, sono quelli di difendere i diritti umani, specie quelli degli ebrei, tramite dei collegi Ebraici collegati alla Fondazione Hillel; promuovere dei programmi di sponsorizzazione educativa per gruppi di adulti e di giovani; aiutare le vittime ebree di disastri naturali; sostenere ospedali ed iniziative filantropiche che promuovano il belessere di Israele. Nel 1913 il B'naï B'rith ha fondato la Anti-Defamation League, o Lega anti diffamazione, per combattere efficacemente quello che essi chiamano antisemitismo, ma, in realtà, per annientare e perseguire ogni iniziativa ed ogni voce contraria all'azione degli Ebrei e di Israele nel mondo.


L'Ufficio Nazionale Americano, situato a Washington, D.C., pubblica il giornale The International Jewish Monthly , e altri periodici di nicchia. Attualmente, Negli USA le campagne presidenziali passano, inevitabilmente, attraverso il filtro delle assemblee, o tornate del "B'naï B'rith", dove i candidati, sia democratici che repubblicani, per ottenere voti e sponsorizzazioni, vengono a porgere i loro messaggi di sostegno; all'Ebraismo Internazionale e ad Israele.


Per esempio, nel 1953 il vice presidente Richard Nixon fu il principale oratore politico al banchetto della Convenzione, ed il presidente Dwight Eisenhower inviò un caloroso messaggio d'incoraggiamento alla Loggia. Eisenhower prese poi parte al banchetto per il 40° anniversario dell'A.D.L. Anti-Diffamation League of "B'naï B'rith": il "braccio armato" del "B'naï B'rith". Mentre nel 1963, per i 50 anni dell'A.D.L., l'invitato d'onore fu il presidente John Fidgerald Kennedy. Alcuni mesi più tardi, anche il nuovo presidente Lyndon Johnson fu invitato dall'Ordine. Per finire, il presidente del "B'naï B'rith", Label Katz, incontrò in udienza privata Giovanni XXIII, nel gennaio 1960. Tramite Jules Isaac l'Ordine ha così giocato un ruolo di primo piano nella preparazione del documento: Nostra Ætate del Concilio Vaticano II.


L'Organizzazione ha creato così tre Istituzioni che hanno svolto un ruolo chiave nella vita mondiale degli Ebrei, e non solo nella loro: La Anti-Defamation League (1913); Hillel (1923), la più grande organizzazione di Campus universitari ebraica, e il B'nai B'rith Youth Organization (1924), organizzazione giovanile impegnata nel risolvere i problemi posti dall'Assimilazione dei giovani Ebrei della diaspora, e che opera intensamente con una rete di campi estivi per giovani.


Logge del B'nai B'rith sono state stabilite in Medio Oriente, iniziando con la Loggia Maimonides, al Cairo, nel 1887. e con la Loggia Eliahu Hanabi , ad Alexandria (1891), seguite dalle Logge di Istanbul, Edirne, e Beirut (1911). L'organizzazione centrale promuove e sponsorizza programmi tesi a mantenere l'Unità Ebraica, la Sicurezza Ebraica e la Continuità Ebraica, ovvero la sua presenza dominante, in tutto il mondo.


Oggi i membri del "B'naï B'rith" cercano di non accennare al loro intimo legame con la Massoneria non ebraica, di cui costituiscono il Livello superiore e direttivo, ma, come abbiamo già detto, almeno quattro dei fondatori del "B'naï B'rith" erano massoni, e si riunivano in templi massonici.

Bisogna esaminare a questo scopo, ciò che autori o riviste massoniche, o filo massoniche, scrivono a proposito del " B'naï B'rith": Daniel Ligou ne parla nel "Dictionnaire de la franc-maçonnerie"(1932), accenni si trovano anche nell' "Almanach maçonnique de l'Europe", in Jean-Pierre Bayard, e nella rivista "Globe", secondo la quale il "B'naï B'rith" è "il ramo ebraico della Massoneria". Daniel Beresniak, nella "Guide de la vie juive en France", parla, a proposito del "B'naï B'rith" di una "Massoneria tinta di Giudaismo". Infine per la "Tribune Juive" i "B'naï B'rith" hanno creato un tipo di "obbedienza massonica riservata ai soli ebrei".


Ufficialmente il "B'nai B'rith" avrebbe dovuto abbandonare la regola del segreto nel 1920, ma ancora nel 1936, Paul Goldman, presidente della prima Loggia di Londra, parlava, in un articolo che ne tratteggiava la storia, del segreto: o silenzio sulle attività delle Logge ebraiche. Vi siano, ovviamente, nel "B'naï B'rith" delle "riunioni aperte", a cui possono assistere anche i profani, e le "vere riunioni", chiuse o segrete, riservate ai soli fratelli ebrei.


Il 16 novembre 1991, il Cardinale Albert Decourtray, Arcivescovo di Lione e Primate di Francia, riceveva il Premio internazionale dell'azione umanitaria del distretto XIX (Europa) del "B'naï B'rith".

Nel discorso, pronunciato per la consegna della medaglia ricordo a Decourtray, Marc Aron, presidente del "B'naï B'rith" francese, fece un'allusione molto interessante, circa l'evoluzione delle relazioni tra gli ebrei e il Vaticano: " L' incontro di Jules Isaac, un "B'naï B'rith" con Giovanni XXIII, è la punta dell'iceberg ; è alla sottile influenza ebraica che si devono il Concilio Vaticano II, l'Enciclica Nostra Ætate, e le direttive conciliari per lo sradicamento di ogni concetto anti giudeo; sia nella catechesi che nella liturgia cattolica ".

In seguito, l'attitudine filo ebraica del Cardinale Bea gli è valsa l'accusa di essere un agente segreto B'naï B'rith". Qualcuno, come ha detto Léon de Poncins, ha accusato Bea di essere un infiltrato d'origine ebrea; egli si chiamerebbe Béja, o Béhar, ed avrebbe agito, nel Concilio, come agente segreto del "B'naï B'rith".



Si sa che anche Sigmund Freud era un membro della Loggia del "B'naï B'rith" di Vienna, e che l'Ordine " ha influito molto pesantemente sullo sviluppo e sugli indirizzi intenzionalmente patologici della psicoanalisi. Inoltre è noto il sostegno, dato dal "B'naï B'rith", alla Rivoluzione bolscevica e comunista del 1917. Leggendo la stampa del "B'naï B'rith", si viene informati che la Rivoluzione bolscevica non costituiva, a quel tempo, nessuna minaccia per l'esistenza e lo sviluppo della comunità israelitica russa; vi erano, semmai, delle inquietudini per un'eventuale assimilazione degli ebrei nello Stato comunista, e per le eventuali difficoltà della loro pratica religiosa.


Non si trova, nella stampa del "B'naï B'rith" dell'epoca, nessuna condanna del regime dittatoriale comunista; né tanto meno un rifiuto della sua ideologia. Per quanto riguarda "l'eliminazione degli ebrei ortodossi" , avversi da sempre al movimento sionista e alle sue azioni criminose, essa fu condotta proprio dalla sezione ebrea del partito comunista Russo: la 'Evsekzija'.


"Si assistette perciò al triste, ma non inusuale spettacolo, di ebrei che spogliavano e massacravano, senza riserve, altri ebrei".


Il "B'naï B'rith" può essere definito a tutti gli effetti, un movimento pre-sionista, o infra- sionista, dato che è fin dall'origine e per sua natura, un Ordine d'ispirazione chiaramente sionista, anche se, nel 1843, questo termine non esisteva ancora. Paul Goldman, presidente della Prima Loggia d'Inghilterra, scrisse, nel 1936, un piccolo opuscolo sulla storia di tale Loggia. In esso sono contenute notizie interessanti sull'influenza delle logge londinesi del "B'naï B'rith" nell'ulteriore sviluppo del Sionismo. " In Palestina — scrive Goldman — "B'naï B'rith" ha esercitato un ruolo unico, prima che il Sionismo ne facesse la base dello Stato ebraico".


Nel 1865, ventitré anni prima dell'Organizzazione sionista mondiale di Herzl, il "B'naï B'rith " organizzò una grande campagna d'aiuto, alle vittime ebree di un'epidemia di colera in Palestina. Dopo di che, esso non ha più smesso di sostenere finanziariamente le iniziative private in Israele. Nel 1948, dopo l'affare di Norimberga e l'avvio del Business dell'Olocausto, l'Ordine inviò più di quattro milioni di dollari in Israele. Tuttavia, a causa di una minoranza anti sionista tra gli stessi ebrei, il "B'naï B'rith"; che ha sempre cercato di evitare ogni querelle e divisione tra israeliti, non ha mai preso ufficialmente posizione, fino al settembre 1947, in favore delle tesi sioniste; pur difendendole e partecipando attivamente a tutte le conferenze sioniste.


È stato il "B'naï B'rith" che ha provocato il riconoscimento (de facto) dello Stato d'Israele da parte del presidente americano Harry Truman, che era ostile ad un riconoscimento rapido d'Israele, e che a causa del suo "ritardismo" veniva accusato dai dirigenti sionisti di essere un traditore. Nessuno dei leaders sionisti era ricevuto, in quei frangenti, alla Casa Bianca. Tutti, tranne Frank Goldman, presidente del "B'naï B'rith", che non riuscì però a convincere il Presidente. Allora Goldman telefonò all'avvocato Granoff, consigliere di Jacobson, amico personale del presidente Truman.


Jacobson, un "B'naï B'rith", pur non essendo sionista, scrisse tuttavia un telegramma al suo amico Truman, chiedendogli di ricevere Weizmann (presidente del Congresso Sionista mondiale). Il telegramma restò senza risposta. Allora Jacobson chiese un appuntamento personale alla Casa Bianca. Truman lo avvisò che sarebbe stato felice di rivederlo, a condizione che non gli avesse parlato della Palestina. Jacobson promise e partì. Arrivato alla Casa Bianca, come scrive Truman stesso nelle sue "Memorie":


«Delle grandi lagrime gli colavano dagli occhi... allora gli dissi: "Eddie, sei un disgraziato, mi avevi promesso di non parlare di ciò che sta succedendo in Medio Oriente". Jacobson mi rispose: "Signor Presidente, non ho detto neanche una parola, ma ogni volta che penso agli ebrei senza patria (...) mi metto a piangere" (...) Allora gli dissi: "Eddie, basta". E discutemmo d'altro, ma ogni tanto una grossa lacrima colava dai suoi occhi (...)Poi se ne andò».


Poco tempo dopo, Truman ricevette Weizmann in segreto, e cambiò radicalmente posizione, decidendo di riconoscere immediatamente lo Stato d'Israele. Così, il 15 maggio 1948, Truman chiese al rappresentante degli Stati Uniti di riconoscere de facto il nuovo Stato. E quando il Presidente firmò i documenti di riconoscimento ufficiale d'Israele, il 13 gennaio 1949, i soli osservatori non appartenenti al governo degli Stati Uniti erano tre dirigenti del "B'naï B'rith": Eddie Jacobson, Maurice Bisyger e Frank Goldman.


Sappiamo che il "B'naï B'rith" ha lo scopo di rendere compatti gli israeliti, per far "progredire l'umanità" verso quello stato di servaggio ad Israele previsto nel Patto mosaico e dal Talmud. L'Ordine cerca, pertanto, di sviluppare in senso sionista il carattere morale ed intellettuale dei propri correligionari; tuttavia, nonostante la cortina fumogena delle buone intenzioni dichiarate, rimane evidente, in tali programmi, l'innegabile matrice razzista ebraica. L'Ordine dei "Figli dell'Alleanza" presuppone, difatti, una fedeltà totale al Giudaismo sionista, che serve a rafforzare la coscienza razziale ebraica e, in questo senso, non ammette defezioni di sorta.


Uno dei compiti più alti dell'Ordine, è, difatti, quello di preservare il popolo ebreo da ogni pericolo di “assimilazione”, da parte di altre nazioni; ovvero di mescolanza razziale, e da una conseguente perdita di identità genetica. Nessuno sembra mai notare, la perfetta identità di questi “legittimi” propositi ebrei, con il programma di salvaguardia della razza ariana, varato da Adolf Hitler nella Germania Nazionalsocialista; programma, dichiarato, non si sa perché, “ Criminale”.


La "Lega Anti-Diffamazione" (A.D.L.) dichiara che essa "crede nell'integrazione, cioè nell'accettazione degli ebrei, come eguali., da parte degli altri popoli, ma che si oppone all'assimilazione: ovvero alla perdita della propria specifica identità razziale ebraica. Come dire che gli ebrei vogliono essere accettati in quanto unico popolo razzista del pianeta. Uno dei principi dell'Ordine è che "non vi è posto nel "B'naï B'rith" per un Fratello che tiene i suoi figli lontani dalla comunità israelitica".


Nelle pubblicazioni del "B'naï B'rith" traspare anche una velata nostalgia del Ghetto: luogo chiuso, che garantiva l' identità ebraica, e alcuni membri, affermano che "il nemico mortale degli ebrei non è l'antisemitismo, ma è l'assimilazione". Il "B'naï B'rith" lotta perciò, proprio come faceva il Nazionalsocialismo, anche contro i matrimoni misti, nei quali uno dei coniugi sia un "goy", ovvero un sotto- uomo non ebreo; anche se il matrimonio dovesse venire celebrato in una Sinagoga.


Il che corrisponde al succo delle leggi razziali varate dal regime hitleriano a salvaguardia della purezza della Razza tedesca. L'Organizzazione ebraica B'nai B'rith, ha cinque centri che sviluppano e promuovono i suoi Programmi: Il Centro per l'Azione della Comunità ebraica, Il Centro per l'Identità Ebraica, che trasmette i valori, l'etica e la conoscenza ebraiche: il Centro per i Diritti Umani e la Polizia Pubblica (CHRPP), che serve come associazione di ricerca a come braccio legale; Il Centro del Senior Services, che fa del B'nai B'rith la più grande organizzazione mondiale del settore delle case di riposo, e il World Center, fondato nel 1980, per servire come centro ufficiale dell'Organizzazione; a Gerusalemme.


Negli Stati Uniti, l'organizzazione agisce come una potentissima Lobby ebraica, che cerca continuamente aiuti e supporto per Israele. La lista del CHRPP del B'nai B'rith's, che si occupa della sicurezza e dell'assistenza di Israele, combatte la militanza islamica, il risorgere dell'antisemitismo nell'Europa dell'Est e nell'Unione Sovietica, e tutela, ovunque, la sicurezza delle comunità ebraiche, segnalando e condannando ogni posizione contraria agli interessi e all'operato dello Stato di Israele. Essi anatemizzano come “Pregiudizio antisemita” ogni critica pur legittima riportata dai media, siano essi nazionali o stranieri.


Il B'nai B'rith è, inoltre, l'unica organizzazione non governativa ad essere accettata come parte dell'Organizzazione degli Stati Uniti d'America, e mantiene una presenza assai visibile negli Stati dell'America del Sud. Dopo la disintegrazione dell'Unione Sovietica, essa ha sostenuto tutti i tentativi degli Stati Uniti di stabilire forti legami con le repubbliche dell'Azerbaijan, del Kazakhstan, del Kyrgyzstan, e dell' Uzbeki- stan.


Mauro Likar

martedì 6 aprile 2010

L'ESSENZA DELL'ARTE GERMANICA



Alfred Rosenberg. Il Mito Del XX° Secolo
Libro Secondo


L'opera d'arte è la rappresentazione
vivente della religione.
Richard Wagner.


1. L'Ideale razziale della bellezza.

Il regno dei virtuosi giunge alla fine. Noi non vogliamo più lasciarci tentare ed illudere; ne abbiamo più che abbastanza delle penose creazioni degli ultimi decenni. Noi detestiamo questo disordine tecnico inaudito: di tutto ciò che, ancora oggi, pretende d’essere dell'Arte. Noi abbiamo il sentore che il tempo dell'intellettualismo, come fenomeno di pretesa culturale, è ormai moribondo, e che gli uccelli del malaugurio, che vedendo in esso l'avvenire presagiscono la fine della cultura europea, sono i profeti di un passato ormai finito.

Questi uomini demoralizzati, hanno già perso la fede prima di pensare o scrivere. Questo è il motivo per cui la loro filosofia e le loro considerazioni storiche devono perdersi nell'incredulità. Il nostro crepuscolo e la nostra rinascenza divorano avidamente la loro opera; i deboli sono spezzati, i forti sentono accrescersi la loro fede e la loro resistenza. Si può considerare che il ritiro del materialismo teorico, nella scienza e nell'arte, è interiormente compiuto. Il pendolo orienta già il suo slancio nell'altra direzione (teosofia,occultismo ecc.). La nostra essenza, contrasto delle due correnti, inizia gradualmente a riapparire.

Il tempo dell'estetica a colpi di tesi voluminose è finito anch'esso. Il lavoro d'analisi, preponderante in tutti i settori, ha suscitato un'importante serie di opere, andando fino al più sottile e trattando dell'arte e del sentimento estetico. Unformidabile lavoro intellettuale si accumula, ma nessuno oggi legge Zimmermann, Hartmann, e assai poco Fechner,Kulpe, Groos, Lipps, Muller-Freinfels, Moos e tanti altri. Chi saprebbe adattare le concezioni di Winchelmann e di Lessing al pensiero contemporaneo? Schiller, Kant e Schopenhauer non sono praticamente onorati che a causa del loro nome.

Ora non è perchè le idee più profonde non si trovano affatto nelle loro opere, ma perchè non è possibile utilizzarle globalmente nel dominio della riflessione artistica. Quasi tutti fissano esclusivamente la Grecia e parlano ancora della probabilità di un'estetica immutabile e generale. E, quando notano delle differenze fra i popoli in materia artistica, il loro spirito teorico (che noi designiamo come la filosofia del XVIII° secolo) contraddice allora le loro proprie opere, o snatura le creazioni del loro popolo. L'antinomia fra la teoria e l'atto esiste in Goethe come in Schiller e in Schopenhauer. L'estetismo del XIX° secolo si è profondamente sbagliato, non facendo altro che analizzare le parole degli artisti, senza aderire alle loro opere. Esso non ha notato che l'ammirazione di Goethe per il valore formale del Laooconte, è una cosa; l'attività di Faust essenzialmente un'altra. L'istinto germanico di Goethe era troppo possente e la sua opera, determinante per noi, si è opposta a quasi ogni carattere greco.

Il punto di partenza dell'analisi estetica, era in fondato. E' per questo che essa non ha potuto far nascere nessun effetto profondo, nè ha aiutato a ottenere una più chiara coscienza della nostra essenza; essa non ha reagito in maniera riflessiva, ma, al contrario, ha affrontato l'Arte dell'Europa con dei criteri che si son persi sia in generalizzazioni sfocate, sia puramente greche o addirittura neo-greche. Già,si è parlato a torto e a traverso della filosofia o della storia dell'Oriente,poi si è scoperto che questo Oriente, che si vedeva come monolitico, era composto di popoli dalle culture completamente differenti le une dalle altre.

Al giorno d'oggi è diventato di moda parlare dell'occidente. E' sicuro che questo è assai più facilmente giustificabile che non per l'Oriente: ma si resta ancora troppo nell'astratto, se l'accento non viene posto sull'elemento nordico, costruttore dell'Occidente. Quasi tutti i filosofi che hanno parlato dell'immutabilità dell'estetica, o della fissazione dei valori in arte, hanno, di fatto, occultato o tralasciato un ideale razziale della bellezza, un rapporto fisico e un valore supremo razziale nell'anima.

A questo proposito, è evidente,se si deve parlare dell'essenza dell'arte e dei suoi effetti, che la pura rappresentazione fisica di un Greco, per esempio, agirà su di noi in maniera diversa che non l'immagine di un imperatore cinese. Ogni tratto riceve in Cina una funzione diversa che in Ellade, che, senza la conoscenza del condizionamento razziale della volontà che elabora le forme,non può né venire spiegata, né essere apprezzata esteticamente. Ogni opera d'Arte racchiude, inoltre, un contenuto spirituale. Esso pure non è comprensibile che se è accompagnato dal suo rapporto formale, il fondo delle diverse anime razziali.

La nostra estetica non è quindi, fin qui, stata trattata, malgrado molti elementi esatti, che globalmente e svuotata della sua essenza. A questo proposito, l'artista Naif o spontaneo, come il vero creatore cosciente, hanno sempre rappresentato la razza e personificato esteriormente delle qualità psichiche, attraverso l'utilizzazione dei tipi razziali che li circondano, e che diventano le caratteristiche dominanti d’ una certa specie. Malgrado la parentela certa, che ci lega all'Ellade, il centro interiore della vita dei Greci era ritmato differentemente da quello dell'Indù, del Romano o del Germanico. Il valore era l'estetica.



La bellezza era la norma della vita ellenica, che si stabiliva, nella cornice dell'argomento in questione, dinnanzi ad un vino leggero e discutendo di un soggetto nel suo insieme. Essa era il tema motore di tutta l'Ellade, e lo rimase anche quando la povera Ellade disgregata fece fronte ad uno stratega romano, il cui valore ricordava quello degli avi: Quinctus Haminus. Lo si ricevette come un eroe nazionale a causa della sua dignità e della sua bellezza. Atene lo celebrò come uno dei suoi.

Anche nella sconfitta, la bellezza era la più profonda aspirazione greca, e se noi vogliamo comprendere l'Ellade dobbiamo mettere da parte il nostro valore supremo: il carattere. In Grecia, un uomo veramente bello poteva essere onorato, dopo la sua morte, come un semi-dio. Così anche gli Egestani, che erano greci solo a metà, elevarono un santuario all'uomo considerato come il più bel greco del combattimento contro i Cartaginesi, e fecero sacrifici in suo onore.

Poteva accadere che gli Elleni risparmiassero un avversario di cui la bellezza era impressionante, il che appariva loro essere una parte della divinità. Plutarco ci ha lasciato su ciò un racconto commovente. I Greci giunsero persino a portare in trionfo il guerriero persiano Masistios, che stavano per uccidere, semplicemente per rendere omaggio alla sua bellezza; e dichiararono di Serse, che la sua superba bellezza giustificava :appieno il fatto che egli regnasse sul suo popolo". Questa apparenza era sicuramente, con qualche eccezione, considerata come l'espressione di un'anima nobile. L'eroe era dunque sempre bello, il che significa che apparteneva ad una specie razziale determinata.

L'eroe greco è quasi sempre rappresentato con gli stessi tratti, non solo nella statuaria greca, ma anche nell'arte minore della pittura su vaso. Il suo corpo slanciato offre lo stesso tipo di bellezza ideale, e, tuttavia, il suo profilo è disegnato con più morbidezza di quello del Germanico ulteriore.

Parallelamente alla grande arte ellenica, si trovano le pitture vascolari di Exequias, Klityas, Nicosthene, che, per esempio, mostrano Aiace e Achille nel pentatloi, Castore che tiene il morso del cavallo, le Hydre di Caere con le Amazzoni, la donna bionda di Euphronio sulla coppa d'Orfeo, che evoca nettamente il tipo della Gretchen, la magnifica Afrodite dell'oca , il cratere napoletano di Aristofane ed Ergino
ecc. Si trae dello studio di migliaia di vasi e coppe, un tipo permanente, che evolve scarsamente, e che è evidentemente il solo a far nascere nei Greci l'emozione dell'eroico, del bello, del grande. Per altro, si è creato un contrasto razziale mostrando, per esempio, i Sileni, i Satiri ed i Centauri.

Così la coppa di Phineus, delle isole ioniche, personifica tre forme della lascivia maschile con tutti i suoi attributi. Le teste di questo trio sono rotonde e pesanti, la fronte gonfia, idrocefala, il naso corto e bulboso, le labbra rialzate e sporgenti. Allo stesso modo, Andokidès dipinge egli pure il Sileno, ma aggiunge barba e capelli. Di profilo, si nota la sua nuca spessa e carnosa.

Lo stesso tipo, rappresentato brillantemente, si ritrova in Cléophrades, di cui la baccanate, davvero greca per la sua figura e la forma del suo cranio, rivela un'opposizione psicorazziale del tutto voluta. Nicosthéne rappresenta il Sileno ubriaco, con un otre pieno di vino, caricatura perfettamente bestiale e stupida; mentre Euphronios ha lasciato, in testimonianza, una coppa su cui un Sileno mostra il perfetto esempio del tipo razziale orientale-negroide, peloso, capelluto, abbruttito.

Accanto a questi due contrasti, lo svelto, vigoroso e aristocratico Elleno e il Sileno bestiale, ottuso, tarchiato, che appartiene senza alcun dubbio al tipo dello schiavo di razza straniera, sottomesso dai Greci. L'infiltrazione crescente del sangue asiatico, fa apparire in seguito, nella pittura, delle figure che, anche di lontano, non possono dissimulare le loro caratteristiche semite, in generale, ed abraiche in particolare.
Una coppa del Maestro d'Eos, per esempio, riproduce un mercante semita con un sacco sul dorso, mentre sul cratere di Phineus, è disegnata un'Arpia la cui testa e il movimento della mano sono ancora visibili al giorno d'oggi, in grandezza naturale sulla Kurfürstendamm.

Migliaia di vasi e immagini dell'Asia Minore, fino agli affreschi di Pompei, otto secoli dopo, attestano il fatto che la volontà artistica ed estetica faceva concepire e rappresentare un eroe o un essere divorato dalla possessione demoniaca in funzione di criteri razziali. L'imbastardimento progressivo dei Greci, fece apparire allora degli umani difformi, con delle membra flosce e delle teste informi. Il caos razziale di un'epoca di democrazia galoppante, va mano nella mano con una decadenza artistica.

Non vi è più un'anima che voglia esprimersi, non vi è più un Tipo che incarni l'anima. Solo l'"uomo" dell'ellenismo sopravvive, ma è una creatura che non agisce più esteticamente, e non ne sarebbe nemmeno più capace, perchè l'anima razziale, creatrice dello stile dell'Elleno, è morta per sempre.



Era già così per il biondo Acheo di Pindaro, caso unico nel Mediterraneo, o ancora all'inizio del V° secolo, con la fisionomia dei veri Elleni, che Adamantios così determina:

"Essi sono davvero grandi,solidi, bianchi di pelle, con mani e piedi ben fatti, il collo vigoroso, il capello castano, dolce e leggermente ondulato, il viso squadrato, le labbra fini, il naso diritto. Gli occhi hanno uno sguardo brillante, intenso. Essi sono il popolo della terra che ha i più begli occhi."

Omero e la sua opera, sono altrettanto determinate dal carattere nordico, quanto l'arte creatrice della Grecia. Quando Telemaco si separa da sua madre, Athena, la "figlia occhi-cerula di Zeus", gli invia un vento favorevole per gonfiare le sue vele. Quando Menelao riceve la predizione del suo destino, gli si profetizza una vita divina che lo condurrà " all'estremo della terra, ai campi elisi dove abita Rhadamante, l'Eroe biondo". Anche Hölderling non poteva immaginare il genio della Grecia che con dei riccioli d'oro alle tempie. E Omero sovranamente afferma: Perchè sempre l'uomo risoluto conduce tutto al meglio del suo fine Anche se, straniero, egli viene di lontano.

All'opposto, Thersite incarna il nemico dell'eroe biondo, un oscuro traditore infido, deforme, personificazione manifesta di uno spione vicino-orientali nell'armata greca. In qualche modo,il predecessore dei nostri pacifisti di Berlino e Francoforte. Omero dipinge i fratelli di Thersite, i Fenici, come dei "Ladri che portano innumerevoli frivolezze su sinistri navigli".

Pure Omero ha concepito un'arte legata all'anima di una razza, che ha generato le statue che più tardi si eleveranno in onore di Athena; ha diretto il fine pennello dei pittori, ma anche dato al sua forma razziale al principio straniero antieroico. La figura tarchiata del Sileno non è dunque, affatto, una caricatura, come i nostri storici d'arte pretenderebbero di farci credere, ma la rappresentazione plastica delle particolarità di un'anima razziale estranea, così come essa apparve ai Greci.

Il culto fallico ulteriore, i baccanali lubrichi, e tutta la decomposizione post-dionisiaca,risalgono all'invasione razziale del tipo orientale-asiatico, prima asservito e ritenuto stupido e limitato. Questo tracollo sociale raggiunge il suo punto maggiore con il pesante spirito di Socrate. Non vi è alcun dubbio che Platone abbia smisuratamente glorificato questo spaccatore di capelli in quattro. Una professione di
fede di Socrate, in un dialogo di Platone, è in ogni caso esatta. Egli dichiara che un pezzo di carta redatta, potrebbe strapparlo alla più bella natura. In piena Grecia, ammiratrice di quest'ultima, questo era una dichiarazione della più bassa pedanteria.

L'esempio di Socrate prova che la forza psico-razziale del genio, non implica necessariamente una filosofia o un'estetica umana equivalente. Il sacro e il bello modellavano da sempre la vita greca, e tuttavia il combattimento appariva, anche ai Greci, come una legge naturale eterna, che Pallade Atena stessa serviva. Socrate non è il segno di una nuova epoca della storia greca, ma è, al contrario, l'immissione di un tutt'altro tipo d'uomo nella vita greca. Sicuramente, egli fu formato dalle tradizioni
sacre di Atene, da Omero, i tragici,Pericle e l'architettura dell'Acropoli.

Naturalmente si impegnò in degli agoni politici, e tuttavia Socrate è un uomo senza genio, anche se è coraggioso e nobile, tratto da una razza non greca. Egli è vissuto in un'epoca in cui la luce di Atene vacillava e in cui la democrazia, prima aristocratica, (esclusivamente greca, senza un solo straniero) toccava il fondo dell'abisso. Sotto questa tirannia di demagoghi, il grande Alcibiade fu bandito, tutta l'armata di Atene finì miseramente davanti a Siracusa, quasi tutte le altre conquiste vennero perdute. Gli aristocratici vincitori, avevan fatto bere a centinaia di democratici la coppa avvelenata, prima di conoscere, essi stessi, un simile destino. Aristofane sbeffeggia la vecchia tradizione; i nuovi maestri, Gorgia, Protagora, etc. si ammantarono di estetismo. Allora lo straniero, simboleggiato mille volte sotto i tratti del Sileno, fece la sua comparsa.

Al suo zenith, l'altra razza aveva scelto di restare spiritualmente modellata dalla cultura dell'Ellade: sobria, ironica, robusta, cosciente d'essere di fronte ad una forma disaggregata, intrepida, coraggiosa. Forte in logica e fornita di una fine dialettica, il laido Socrate conduce alla disperazione i bei maestri Greci, che avevan perduta ogni
consistenza interiore. Durante questo tempo, egli cerca il "bene in sè", predica la "comunità dei beni" e riunisce attorno a sè una nuova specie combattente greca.

Prima un Pericle, padrone di Atene, fu costretto ad implorare grazia dal tribunale, per ottenere la cittadinanza del suo ultimo figlio, nato da una donna straniera; il che gli fu accordato a titolo eccezionale. Questa legge razziale rigorosa, che egli stesso aveva istituito, cade in disuso con l'emorragia progressiva di Atene. E, in un tempo di decomposizione, Socrate, questo non greco, gli dà il colpo di grazia. L'idea di una "comunità dei buoni", provoca una nuova ripartizione degli uomini: non per via della razza e del popolo, ma per via dell'individuo.



Dopo la disfatta della democrazia razziale ateniese, Socrate fu il social democratico internazionalista di quest'epoca. Il suo coraggio e la sua saggezza permisero la consacrazione ricercata della dottrina anti-razziale. Il suo discepolo Antisthene, figlio di una schiava vicino-orientale, ne trasse in seguito le conseguenze, e predicò che il rovesciamento di tutte le barriere fra tutte le razze e tutti i popoli era un progresso dell'umanità. Socrate non deve che a Platone la sua sopravvivenza, in forma di venerato eroe, in tutte le nostre grandi università.

Attraverso Platone, il genio greco ripaga l'uomo che, nel mezzo di un'epoca di deliquiescenza, rappresentava la sana riflessione; esso ama quest'uomo e gli eleva un tale monumento eterno, da mettere anche nella bocca di Socrate le parole della sua propria anima. Cos' il vero Socrate si cancella agli occhi della terra. Solo alcuni passaggi in Platone danno delle indicazioni su di lui.
Per esempio, nel Fedone, Platone fa dire a Socrate che egli non ha alcuna attitudine per lo studio dei fenomeni organici; non si troverebbe mai finalmente la vera essenza delle cose attraverso l'osservazione, ma da ciò che noi pensiamo di esse.

E' dunque vano consumarsi gli occhi nell'osservazione. Non spetta all'uomo di cercare se la terra sia piatta o tonda, ma semplicemente di chiedere alla ragione cosa sia più coerente. E' veramente saggio pensare che si è nel mezzo o no? Platone non ha certamente inventato questo passaggio. Esso è conforme a Socrate, pronto a rigettare la più bella natura per correre dietro ad una pergamena, come a colui il cui
sguardo si distoglie da una Grecia razzialmente bella, e che predica una umanità astratta,una fraternità dei buoni. E' la volontà di tirarsi via dal sole per cercare l'ombra di una dottrina autoritaria, razionale.

Come il dogma religioso ebraico, il sistema scientifico socratico contro natura, si espande sull'Europa. Aristotele lo schematizza diffondendolo, ed Hegel è stato il suo ultimo grande allievo. "La logica è la scienza di Dio" dirà costui. Questa frase è uno schiaffo al volto di ogni vera religione nordica, di ogni scienza veramente germanica, ma anche veramente greca. Ora la frase è autenticamente socratica, ed è per questo, e non per nulla, che Hegel è sacro quanto Socrate, per i professori delle università.

Se anche l'immagine dell'anima e l'apparenza esteriore non sempre coincidono, in Socrate non è questo il caso. In un ambiente in cui regnano Eros e la bellezza razziale nordica della bionda Afrodite, del biondo Giasone, i cui capelli non furono mai toccati dalla forbice,del biondo, snello e bianco di pelle Dionys di Euripide, fino alle belle teste bionde degli "uccelli" di Aristofane, si espande la stessa vera Grecia portatrice e creatrice dell'ideale di bellezza. Poi è apparso il satiro irsuto, simbolo dello straniero.

E pure lì, come dappertutto, distogliendo il suo sguardo dalla terra, si è significato il crollo. Il bello è scomparso; delle figure bastarde sono apparse anche nell'arte; il repellente, l'orrendamente laido, e i contro natura, diventano "bello". L'insegnamento del ragionevole e del bene, è stato il corollario della decomposizione razziale e psichica greca.

Il "buono" ha distrutto allora l'ideale razziale della bellezza nell'arte, come nel pensiero eroico che reggeva la vita sociale e nazionale. Socrate è stato il più grande
simbolo, e personalmente il più nobile, del caos invasivo, nemico della razza e dell'anima della Grecia.

Osservato dal punto di vista dello sviluppo storico, Platone ha prodigato interamente il suo genio all'uomo fermo e logico, e l'ha reso immortale; ma Platone era essenzialmente aristocratico, un campione olimpico, un poeta ebbro di bellezza, un creatore plastico, un pensatore esuberante e colui che, finalmente,voleva salvare il suo popolo con una costituzione di Stato fortemente autoritario, dittatoriale fino
nei dettagli; stabilito su delle basi razziali. Qui non vi era alcun socratismo, ma l'ultimo espandersi dell'Ellenismo spirituale.

Ciò che ha creato Prassitele, è stata la protesta contro ogni spirito socratico, l'ultimo inno alla bellezza razziale nordico greca, come la magnifica Vittoria di Samotracia. Ma Socrate è stato pur tuttavia un simbolo. L'Ellade si oscura nel caos razziale e, al posto del fiero Ateniese, i "Graeculi" ovunque disprezzati popolano le province della Roma ascendente. Si tratta di uomini senza carattere, dai quali ci si farà "istruire", che si pagano e cacciano quando se ne è avuto abbastanza. Socrate e Anthisthene vinsero, l'Ellade perì. Il buon senso popolare aveva distrutto il genio fin dai primi segni di
indebolimento. Il laido diventa la norma, quando il bello gli accorda la concessione del "buono".

Quando Socrate si trovò dinnanzi ai giudici, disse: "Giammai Atene è stata meglio servita che da me" "L'umiltà" e la "modestia" dell'"inviato divino", come egli ancora qualificava se stesso, avevano in ogni caso il loro rovescio. Socrate aveva sentito inconsciamente che la Grecia si era spezzata....

Traduzione di Mauro Likar

IL MITO DEL XX SECOLO



Gli estratti di Rosenberg,qui riprodotti, sono tradotti dal testo dell'edizione francese di Der Mythus des 20. Jahrhunderts (Le Mythe du XXe siècle, Parigi, Avalon, 1986, xv-689 pp.).
***
Traduzione di Mauro Likar

Il Movimento Nazionalsocialista non sostiene alcun dogmatismo religioso, non lotta né per né contro una professione di fede; ma il fatto che si voglia contestare a degli uomini politici il diritto di esprimere una convinzione religiosa, contraria a quella di Roma, mostra a che punto sia giunta questa ultima nell'oppressione del settore intellettuale.

Si può, o meno, sviluppare un'azione nazionale in funzione del giudizio che uno ha del dogma romano? Una tale arroganza deve apparire nell'insieme assolutamente inaccettabile, in funzione delle leggi elementari della psicologia.

Un tentativo, senza alcun dubbio serio, per sbarazzare la personalità del Cristo da tutto il ciarpame non-cristiano aggiunto dal Siriano Paolo, da Agostino, e da altri, provoca una rabbia unanime nei dignitari della Chiesa Romana, che da lungo tempo profittano di questa deformazione della figura spirituale di Gesù Cristo; ciò non perchè si attenti a dei valori religiosi importanti, ma in quanto la loro potenza politica, conquistata con il terrore esercitato su milioni di esseri umani, viene minacciata da questo audace risveglio.

Ecco la situazione: la chiesa cattolica non ha mai avuto paura del darwinismo o del liberalismo, perchè essa non vede, in essi, che delle fantasie intellettuali prive di un vero potere politico costruttivo.

Ma la Rinascenza Nazionalista dei tedeschi, che con lo choc del 1914-1918 hanno visto piombare i vecchi complessi, faccia a faccia con i valori ancestrali, pare molto più pericolosa: per la potenza creativa che minaccia di rinascere.

La casta regnante dei preti ha fiutato da lungo tempo questo Risorgimento, ed ha stretto alleanza con la sub-umanità rossa, per evitare che ne sia rivitalizzata la nobiltà e la fierezza del popolo tedesco. Ciò non cambierà che con la vittoria del fronte tedesco. Allora Roma sceglierà di compiere, come alleata, ciò che non è stata capace di fare come nemica.

In Germania, la chiesa romana non può negare la sua piena responsabilità nell'opera di devastazione del popolo, compiuta dai suoi numerosi rappresentanti ecclesiastici pacifisti, dato che ha decretato, senza mezzi termini, l'interdizione della parola per quei preti cattolici che si esprimevano a favore della volontà nazionale tedesca.

La mia opera ha provocato una reazione violenta anche nei circoli protestanti. Numerosi articoli apparsi su giornali e periodici attestano che essa ha toccato delle corde sensibili nell'ambito del luteranesimo e della sua Riforma. Essi hanno semplicemente stigmatizzato il carattere eretico dei miei lavori, ed hanno quindi rigettato l'insieme delle mie tesi.

Nel corso di conversazioni con dei teologi eruditi, ho potuto sempre constatare che essi ammettevano che la storia dell'antichità, affrontata nella prospettiva della razza e dell'anima, si dimostrava esatta, e che, senza dubbio, il mio giudizio sullo spirito ugonotto era giusto.

Ma, allorquando io concludevo, in seguito, che gli ebrei avevano essi pure il loro carattere razziale ben definito, che la loro rappresentazione di Dio era determinata dal loro sangue, e che, per conseguenza, questa forma ebraica di vita e di spirito non ci riguardava per niente al mondo, allora, fra noi si levava un muro: il dogma dell'Antico Testamento biblico. Il popolo ebraico appariva come un'eccezione fra i popoli.

Molto presuntuosamente, il Dio cosmico doveva risultare del tutto identico alle dubbie rappresentazioni di questo Vecchio testamento!

Per essere precisi, il politeismo ebraico primitivo è stato scelto come modello del monoteismo, mentre la teologia luterana non ha assimilato la minima conoscenza profonda, delle vaste e originali concezioni del mondo, e delle rappresentazioni cosmiche della mitologia ariano-persiana.

Poi è venuta la venerazione di Paolo, vero peccato originale del protestantesimo, che Lagarde, già attaccato dall'insieme delle corporazioni di teologi della sua epoca, aveva combattuto.

I teologi protestanti, a dispetto della loro adesione alla filosofia della razza, riprendono anch'essi la sentenza arrogante della Chiesa Romana: la valorizzazione razziale dei popoli corrisponde ad una idolatria non cristiana dell'idea di popolo.

Ma questi signori evitano di vedere che la posizione d'eccezione che essi attribuiscono ai giudei non rappresenta nient'altro che una divinizzazione, di fatto, del popolo ebreo: una etnia parassita, che ci è sempre stata ostile.

Le chiese dovrebbero occuparsi della miseria delle popolazioni tedesche, e non delle loro missioni fra i negri: come se fosse là il loro dovere! Nel nome del culto della razza, essi dovrebbero rinnegare lo scopo umanitario delle missioni. Detta in altro modo, la razza e l'anima dei negri, o dei buoni ebrei, vale dunque di più che la Nazione alla quale essi hanno l'onore di appartenere.

Pare loro del tutto naturale, e trovano ottimo, non vedere che questa glorificazione del giudaismo ci ha direttamente gratificato, grazie alla liberazione dell'istinto genesiaco ebraico, con la degradazione della nostra cultura e della nostra politica; contro la quale la direzione attuale del protestantesimo, a causa della stessa idolatria per il giudaismo, si era già rivelata incapace di lottare e d'agire con successo.

È deprimente constatare che i rappresentanti della teologia protestante contemporanea sono talmente Antiluterani, che le concezioni che Lutero, comprensibilmente, accettava ancora passivamente, sono presentate come dogmi immutabili, ad vitam aeternam. La grande azione di Lutero riguardò, in primo luogo, la demolizione dell'idea esotica orientale dei preti, in secondo, la germanizzazione del cristianesimo. Ma il risveglio del genio tedesco ha portato, dopo Lutero, a Goethe, Kant, Schopenhauer, Nietzsche, Lagarde; oggi si va a grandi passi verso la sua piena espansione.

La giovane generazione non cerca che una cosa: ritrovare la grande personalità del fondatore del cristianesimo, nella sua semplice grandezza, senza gli apporti menzogneri con cui dei fanatici ebrei come Matteo, dei rabbini materialisti come Paolo, dei giuristi africani come Tertulliano, o come Agostino, che parla nel vuoto, ci hanno inutilmente appesantito.

Questa gioventù vuol comprendere il mondo e il cristianesimo nella loro essenza, concependoli sulla scala dei valori germanici. Questo è un loro diritto naturale, che oggi deve essere nuovamente difeso apertamente attraverso la lotta. Se l'ortodossia cristiana non è capace di comprendere tutto questo, essa non potrà cambiare il corso delle cose; tutt'al più lo rallenterà. Una grande epoca incontrerà allora, ancora una volta, una generazione di uomini deboli. Le radici dell'arte drammatica germanica, della sua architettura e della sua musica si espandono con più forza che non i racconti desolanti del miserabile popolo giudeo.

Un simbolismo profondamente popolare è riconoscibile in seno alla chiesa cattolica, e si riconnette alla veracità autenticamente luterana. Tutti questi elementi isolati, si unificano sotto la grande volta della "Weltanschauung" spirituale e razziale, per formare l'organismo ricco di nobiltà del sangue; proprio all'entità tedesca. I giovani pastori protestanti possono e devono andare oltre, perché questa educazione che paralizza i preti cattolici non pesi su di loro. Bisogna attendere che i tempi siano maturi, e allora essi si muteranno in ribelli germanici, si leveranno e riprenderanno l'opera di Roger Bacon, di Meister Eckhart, per la libertà dell'esistenza, seguendo l'esempio degli altri grandi martiri dell'Europa, che hanno vissuto, sofferto e combattuto prima di loro.

Il problema è dunque questo: lottare contro il caos spirituale, dare alle anime e agli spiriti una stessa direzione; mostrare le condizioni preliminari di una rinascita generale.

È questa volontà a costituire il valore del mio lavoro. Noi non neghiamo tutte le numerose influenze che modificano il comportamento: paesaggio, clima e tradizione politica; ma tutti questi fattori sono meno importanti del sangue e del carattere ad esso legato.

Bisogna lottare, per poter ristabilire questa gerarchia.
Ristabilire la purezza naturale del sangue nobile è, può darsi, il più grande dovere che un uomo possa darsi oggi; ma, allo stesso tempo, questa affermazione prova il triste stato del corpo e dello spirito, che rendono necessaria tale azione. La presente opera deve contribuire a questa grande azione di liberazione del XX° secolo, che si annuncia.

Deve scuotere tutti quelli che si svegliano, ma anche gli avversari: ecco lo scopo a cui miriamo. Io spero che la distinzione fra le vecchie potenze e questo spirito nuovo, che si infiltra in ogni settore, appaia via via sempre più chiara, fecondando e generando incessantemente qualcosa di fiammante, di fiero, legato al sangue; fino al giorno in cui troveremo compiuto il nostro desiderio di una vita segnata da valori germanici; fino all'istante che riunirà tutte le fonti frementi in un grande fiume: la Rinascenza Germanico-Nordica.

È un sogno, questo, degno d'essere propagato e vissuto. E questa esperienza e questa visione della vita sono, di per sé stesse, il riflesso di una eternità presentita: la nostra missione segnata di Mistero, su questa terra, nella quale per prima cosa siamo diventati ciò che siamo.

In un anno, essendo il libro uscito nell'ottobre 1930, è diventata indispensabile una terza edizione. Essa ha subìto importanti aggiunte per approfondire alcune delle questioni trattate, ma anche per precisare i punti che sono stati oggetto di polemiche.

Monaco, ottobre 1931

Alfred Rosenberg


Mauro Likar