venerdì 19 marzo 2010

SUL SINCRETISMO


SUL SINCRETISMO

Per Comprendere il genio dell'Attore, dalle molteplici sfumature psicologiche, si rende necessaria una riflessione che chiarisca, una volta per tutte, il carattere ellenico, filosofico, pagano e l'inclinazione libertina, cioè eminentemente sincretica ed Antidogmatica dell'Arte Teatrale. Il Sincretista, che fa dipendere ogni parvenza oggettiva dalla situazione prospettica soggettiva, da cui la si guarda, è, difatti, un individuo caratteristico di epoche ricche di spirito, e capaci di ampie vedute. Per il suo carattere “teatrale”, antisociale e pericolosamente ribelle, egli è stato spesso perseguitato come filosofo, o come “eretico”.

La parola “sincretismo”, che entra nell'uso comune con il Barocco tedesco, nasce dalle squallide beghe dei preti cristiani, contro chidimostri un'apertura mentale diversa, o maggiore della usata fin dall'inizio, in senso eminentemente dispregiativo. Curioso, cosmopolita non in senso mercantile ed ebraico, ma in modalità intellettuali ed erotiche ellenistiche, ed alessandrine, ampio ed anti provinciale, il sincretista è, per coloro che non lo sono affatto, un brutto ricordo della cultura Ario-Ellenica.

Filosofo, libertino edonista, o epicureo, pedagogo ed ardente amante pederastico, all'uso greco e persiano, egli è un Maestro di intima chiarezza, che porta il disordine nelle altrui confusioni interiori. Le sue sintesi unificanti, contrarie ad ogni dogma intellettuale o religioso, ad ogni dottrina settaria di seconda mano, fanno di lui, in Europa come altrove, il nemico d'elezione d'ogni ideologia monolitica, nonché di ogni religione monolatrica e pseudo monoteista.

È sempre lui che, sotto varie sembianze, gli Ebrei cristiani, fattisieuropei, temono, anatemizzano, perseguitano e bruciano sui lororoghi teologico-filosofici; od ecclesiali. Dal '600 tedesco, riemergono. Quindi, questi due caratteri umani diametralmente contrapposti: il “Sincretista”, per lo più ariano e pagano, e il suopersecutore: l'Integralista confessionale; per lo più ebreo o giudaico cristiano, perennemente attaccato alle proprie ortodossie, e alle distinzioni dottrinali settarie e dogmatiche.

Il Primo ha vaste e varie conoscenze, è sensibile al bello, ai corpi adolescenziali, alle aure, alle sfumature erotiche, alla conoscenza diretta, e non pretende di confinare le proprie certezze, o i propri dubbi, nel recinto limitante dei nominalismi filosofici o religiosi, o dei diktat dialettici in voga. Egli deve quindi procedere con grande cautela, per esistere nel plumbeo universo dei truci settari, perpetuamente in conflitto con sé stessi e con il mondo. Deve per prima cosa, celare il proprio radicale disprezzo per i loro spregevoli parapiglia, e per quelle grossolane teorie e contrapposizioni verbali, che essi impongono a sé e agli altri; spacciandole per delle verità divine rivelate.

Il suo nemico, viceversa, coltiva delle menzogne funzionali ai propri interessi: di monopolio del sacro e del politico, e predilige gli aut aut dottrinali. Non si stanca di reiterare vecchie formule d'uso, e ama, di conseguenza, le recite di un proprio Grandguignol teologale e morale, che imitano la terribilità furiosa del suo Unico Dio, e lo sdegno moraleggiante dei suoi molteplici Vicari.


Dato che deve anatemizzare qualcuno, per poter esistere e resistere, il monoteista scambia le parole per proiettili, e usa gli esseri umanicome armi da offesa o da lancio. Fissato alle proprie maniacali ossessioni, il seguace dogmatico delle monolatrie semite, non ama soffermarsi sulla coincidenza, e sulla complementarietà degli opposti, ed ha sempre una gran fretta di calcarsi, sul volto, quella maschera del rigore legale, che nasconde e rivela, la sua interiorità pavida e confusa: Un'identità egocentrica, che tende a tal punto a perdersi nelle periferie, da dover sopprimere ogni reale vita interiore, surrogandola con un'etica, una religione, e una morale del tutto ipocrite; fondate sulla pura esibizione di una condotta esteriore stereotipata.

Il dogmatico non ammette alternative alle proprie fissazioni ideologiche, né possibili altre opzioni alle proprie “Verità Rivelate”,e quindi si sclerotizza su termini sempre uguali, uccisi da una sordida puntigliosità alla lettera scritta; che è l'unica fedeltà tradizionale che egli sia ancora in grado di concepire. Per far ciò, l'ortodosso, a qualunque ideologia o religione appartenga, deve armarsi di una parzialità ottusa, di una dialettica limitante, e di una stupidità sempre aggressiva; senza le quali, si sentirebbe e sarebbe realmente perduto. Per l'Ebreo, il Giudeo Cristiano, e l'Islamico, il sincretismo di matrice ellenistica ed alessandrina, è una intollerabile minaccia alla menzogna strutturale dei suoi dogmi.

Gli orizzonti sconfinati di quel mondo alieno, gli sembrano, in fede sua, la distesa caotica e sulfurea di quell'abisso infernale e pandemonico che egli stesso ha immaginato. Il Regno di Satana, il Paganesimo, è, per la “Gente del Libro”, il calderone ermetico egizio-greco, che comprende, contiene, e concilia, tutti i culti e tutte le civiltà; escludendo solo quel pruriginoso baluardo di irriducibili puritani ebrei, cristiani, o islamici, di cui egli si picca di fare parte: un grumo di popoli eletti, che negano e avversano ogni altra esistenza, che non sia squallida quanto la loro. Il sincretismo gnostico, Artistico, libertino, o scientifico che sia, livella le Religioni e azzera le Filosofie, affermando che le distinzioni d'uso, fra sistemi e opinioni, dipendono solo dai singoli punti di vista: da stati patologici ed individuali di presbiopia, di miopia, o di cecità intellettuale.

Per ogni entità, difatti, esiste un'angolazione visuale in cui essa cessa di essere distinguibile, da ciò che la circonda e delimita, e, come la visione prospettica è possibile solo grazie alla distanza interposta, al distacco, e alla consapevolezza che l'occhio non è la visione; così, per il sincretista, risulta ovvio che la parola non è la cosa che essa designa, e che pecca di ingenuità, o di malafede, chi crede che verità e linguaggio coincidano, o che esista un rapporto fisso ed univoco, fra le parole e ciò che esse indicano. Per lui è un ottenebrato avvolto nei veli della stupidità, chi supponeche significanti e significati non possano mai essere sovrapponibili o intercambiabili.

Il sincretista osserva, attorno a sé, lo spettacolo tragicomico dei nominalismi discorsivi altrui, che attraverso il gioco delle pseudo opposizioni verbali indicano, comunque, un'unica cosa, e, accettata l'insufficiente ampiezza di ogni significato relativo, rispetto a ciò che si vuole indicare, giunge, inevitabilmente, a diffidare del Linguaggio in sé; del pensiero discorsivo, e, specialmente, della Parola Scritta, che fossilizza ineluttabilmente ogni segno simbolico vivo, ed ogni senso pulsante, deformandoli, per sempre, nella fissità larvale di una morta lettera alfabetica, o sacrale. Per costui, la scrittura è totalmente inutile alla comunicazione reale delle idee, e la sola trasmissione davvero efficace, può avvenire, semmai, solo tramite il gioco tonale dell'espressione orale: l'unica che renda transapparente, e quindi trasparente, la coloritura emotiva e l' intenzione di chi parla e comunica.

Il Sincretista, che spesso è un anche un Attore, afferma che ogni vera informazione è agli antipodi della compilazione di norme, o di precetti imperativi, e che un'idea non si può introdurre negli altri, dall'esterno, se non facendola vibrare intimamente e germogliare, prima, nel proprio interno. Per fare che sbocci e attecchisca anche in altri, occorre agire come un giardiniere: preparando il terreno, concimando, curando i germogli, proteggendo gli steli, e nutrendo con ogni cura le radici. Fra gli strumenti della coltivazione delle idee, servono certo anche i discorsi, a patto, però, che mutino di continuo prospettiva, diversificandosi in significati nomadi, via via corrispondenti, alle domande che colui che viene coltivato propone.

I migliori discorsi, sono quelli che sanno re-suscitare l'accordo in coloro che, possedendo già sensibilità ed apertura di cuore, sono effettivamente propensi al sapere. Nulla ha quindi un significato univoco; e chi si adatta a professare e ad imporre idee non sue, o tesi prestabilite, firma, ed impone ad altri di avallare, delle cambiali in bianco. Ogni giuramento, è di per sé una menzogna, dato che impegna su delle banali parole; come se queste fossero ciò che non sono e non saranno mai: le cose reali.

I Testi scritti, affermano i sincretisti, servono al massimo come promemoria, a chi già conosca, per diretta esperienza di vita, il senso interiore di quelle scritture, I veri significati, non si conservano e non si trasmettono nei libri, ma unicamente nelle “Scuole di Vita” dei Teatri, dell'Erotismo, dell'Arte, della Filosofia, che offrono esperienze dirette e di prima mano.

Ogni significante ideologico è, quindi, una cosa grottesca, falsa e buffa; uno scherzo dialettico saturo di ironia, e non vi è mai stata, némai vi potrà essere, una “Evoluzione” che proceda dal basso all'alto; perché Alto e Basso coincidono sempre. Ciò che agli stolti integralisti della Scolastica, sembra un processo di espansione intellettuale graduale, è, in realtà, solo un continuo variare delle diverse filosofie; sperimentate ed attuate, di volta in volta, dal solo vero filosofo possibile: quello empirico. Per l'Artista gnostico o libertino, della sintesi sincretica, come per l'Attore, tutte le formulazioni sono possibili ed augurabili. Si può essere ed animare, di volta in volta, nel ciclo delle continue trasmutazioni, ciò che si vuole; ed essere ogni possibile cosa.

Nelle diverse focalizzazioni e rilevanze, nell'enfasi data ad ogni simbolo, ad ogni idea, ad ogni carattere, le differenze marginali scompaiono, quando si sappia e voglia scorgere, al di là dei significanti molteplici, e delle maschere sensuali e sensibili, un unico significato reale. Così, si possono amalgamare e confondere tutte le filosofie, le teologie, le religioni e i culti; perché il sincretismo non è, come vorrebbero i suoi deliranti detrattori, un disordine o una sfaldatura psichica; che alieni i concetti e porti al caos. Esso è, invece, il superamento di ogni concettualismo fissatosi in dogmi: una visione resasi ferma e chiara, capace di far balenare, nell'essere, la luce e il significato vivente; presenti in ogni diversa Filosofia di vita.

È illuso o disonesto, chi crede di poter conformare ogni cosa ad un solo nome, fosse pure quello altisonante di un Dio, ed è utile ricordare, sempre, che ogni identità è evanescente; anche quando la si cristallizzi e limiti artificiosamente, con parole rituali e concetti; pensandola e definendola come un'Entità stabile e distinta. Il Linguaggio e i Nomi, sono sempre un puntello ingannevole; una stampella per gli ignoranti, che non vogliono, o non sanno vedere, come i significati nascano, sempre, da un caos privo di denominazioni. Essi provengono da un tutto metamorfico, panico, indeterminato ed oscuro: da quello spazio assoluto e vuoto, che non è affatto il Nulla, ma il luogo d'origine di tutti i diversi significanti simbolici.

A questo Zero irrazionale, ci avvicinano solo l'Estasi orgasmica, la prassi shamanica od erotica, la Trance teatrale, l'azione espressiva ed artistica, e tutte quelle mutevoli “dimenticanze” del corpo e della mente, che ci proiettano, pienamente emersi e coscienti, nello spazio di uno Stato nascente; ovvero, dentro l'abisso azzerante ed ammutolente dello spasmo orgasmico: in un silenzio libero da ogni parola, e, finalmente, aperto ad ogni possibile comprensione del significato. Per chi opera questa estrema “sintesi”, che i detrattori anatemizzano come sincretismo, non esistono Entità o nomi fissi; esistono solo Campi energetici, dai quali ci siamo abituati a ricavare un Io strumentale e contingente, che ,osservando gli oggetti reali, li ricompone in cose cristallizzate e falsificate; alienate alla nostrareale comprensione, proprio dai nomi astratti che noi sovrapponiamo loro.

Il sincretista è l'illuminato che, pur percependo il campo esistente come una caos energetico, a cui non si possono imporre le categorie contrapposte, di soggetto ed oggetto, non vi si perde. Ogni definizione statica o tradizionale, della visione diretta, è, per lui un sopruso inaccettabile che falsifica la realtà. La vera conoscenza è il coincidere sincronico, ed estatico, con l'intero campo dell'esistenza.

Solo quando non si è più qualcuno, si può essere ognuno,
e si può sentire, conoscere e riconoscere. Allora, al dire che irretisce e limita le cose, subentra un silenzio sensibile, entro cui si convive con la vera natura primordiale delle esistenze; libera da definizioni limitanti, e finalmente priva d’ogni misero puntello concettuale.

Mauro Likar

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